L’esplorazione del sesso, oggi, tra gli adolescenti, avviene per lo più online e può includere il sexting, cioè l’invio di testi, immagini e video a sfondo sessuale. Scattarsi una foto e inviarla ad altri è per lo più vissuto come un gioco: i ragazzi non sono consapevoli di scambiarsi materiale pedopornografico illegale, che può anche arrivare in mani sbagliate; tantomeno considerano devastanti gli effetti sui coetanei ritratti e coinvolti. Il sexting viene fatto per diversi motivi: per scherzo, per fare piacere al proprio partner, per “fargli un regalo”, o per ricevere qualcosa in cambio da persone sconosciute, come, per esempio, una ricarica del cellulare. Il corpo diventa così merce di scambio affettiva e materiale. Troviamo ragazze che postano foto o video ammiccanti sui social per essere al centro dell’attenzione, altre che si lasciano convincere a spogliarsi davanti ad una webcam, ragazzi che postano sui social network la foto nuda dell’ex fidanzata per vendicarsi. Il cosiddetto effetto moltiplicatore di Internet agisce di conseguenza e ogni sms, foto e video condiviso può essere visto da milioni di persone. Alla base del sexting c’è il bisogno narcisistico di mettersi in mostra, di confermare la stima di sé ricevendo apprezzamenti non raramente volgari, di provocare, di giocare con i pari inviandosi tramite messaggio le foto intime del proprio corpo.

Il sexting negli ultimi anni è diventato una vera e propria moda tra i giovani: la pratica di scattare e condividere selfie e video intimi coinvolge circa il 10% degli adolescenti, di cui il 70% sono ragazze. Secondo una ricerca di Save the Children, quasi il 20% delle femmine e oltre il 23% dei maschi considera “pratica diffusa” tra coetanei l’invio di video e immagini “seminudi, nudi. Non desta stupore la notizia della sessantina di liceali modenesi minorenni che la scorsa estate hanno creato una chat di WhatsApp in cui si sono ritratte nude.

Le conseguenze psicologiche possono essere molto gravi, soprattutto per l’etichettamento sociale, i commenti a voce più o meno alta e l’emarginazione pubblica alla quale viene sottoposta la vittima: sul web ci sono i cyberbulli e gli haters, i “condivisori” e i “commentatori”, pronti a trasformare un ingenuo scatto proibito in fonte di sofferenza. Nei casi peggiori l’episodio è in grado di annientare completamente la vittima, in Italia lo ricorda brutalmente la storia della napoletana Tiziana Cantone, protagonista di alcuni filmati hard finiti senza il suo consenso su diversi siti porno. Dopo aver inutilmente provato a fermarne la diffusione, si è tolta la vita.

Non va dimenticato che gli autori di questi episodi spesso sono adolescenti che non hanno piena percezione delle conseguenze di certe loro azioni. Per questa ragione programmare degli interventi psico-educativi mirati nelle scuole rappresenta la migliore arma di prevenzione primaria. È necessario che i ragazzi abbiano fin da piccoli un’educazione sessuale adeguata, che imparino a conoscere il proprio corpo e a dargli il valore che merita.